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05/05/2008
Il vino a Roma
Ogni uomo ha la propria visione su ciò che è meglio
fare o su cosa meriti attenzione. Prendiamo ad esempio Catone il censore,
figlio di contadini, fedele alla terra (nonostante le numerose cariche
pubbliche) ed accanito sostenitore della proprietà fondiaria da lui ritenuta
unica forma accettabile di ricchezza contrapposta ai guadagni provenienti da
commercio o quanto altro. Scrisse un trattato il "De agri coltura" dove
elencava: oltre a obblighi e doveri di schiavi e fattori verso il padrone,
anche i segreti della coltivazione della vite.
Diversamente da Catone, Cicerone considerava poco redditizio investire in
vigneti tanto che pronosticava sventure a chi privilegiava le vigne ai
boschi. Semplice il motivo: il legname, ricchezza del bosco, poteva essere
facilmente venduto anche in caso di crisi economica, non così il vino.
All'epoca infatti tale bevanda era considerata un lusso per ciò soggetta a
differenziazione dei prezzi e dunque poco sicuro.
L'eruzione del 79 d.c che cancellò Pompei parve dargli ragione.
La produzione vinicola si perse ed il prezzo dl vino andò alle stelle, come
logica conseguenza: lo smantellamento dei vigneti e la conversione
produttiva agricola in grano.
Columella nel suo "De re rustica" sosteneva, quasi a voler bilanciare le
altrui motivazioni, che soltanto chi aveva la necessaria capacità e
competenza traeva convenienza a dedicarsi alla viticoltura, condannando
coloro che con troppa disinvoltura ed approssimazione si dedicavano a tale
attività.
A parte pareri personali e alterne vicissitudini sulla coltivazione della
vite che vide un significativo arresto nel 3° secolo d.c. causato da un
editto che imponeva di distribuire una parte del vino prodotto a soldati e
plebei; il vino a Roma in epoca di re e repubblica era già presente fin
dalla prima colazione (Jentaculum) che consisteva in pane inzuppato nel
vino.
In epoca imperiale poi il vino compariva all'inizio del banchetto sotto
forma di Mulsum (vino mielato).
L'uso di bere vino addizionato era in essere già presso i greci che
consideravano i bevitori di vino schietto degenerati, pazzi o comunque
vicini alla pazzia.
Miele, erbe e perfino l'acqua di mare erano le sostanze più usate per
mischiare il vino.
Gli Hastores erano gli specialisti accreditati per controllare le dosi e la
qualità del vino miscelato, assaggiandolo prima di essere servito
(progenitori degli attuali sommelier?).
L'importanza del vino arrivò a tal punto che si costituì il Corpus
Vinariorum , ossia la corporazione dei vinai fra le sei più importanti a
Roma.
I vini che arrivavano a Roma da ogni parte del mondo venivano selezionati da
veri e propri funzionari i Susceptores vini. Si vendevano vini nelle Mensae
vinariae nelle Tabernae vinariae, negli Opsonatores (ritrovo di allora per
pranzi veloci) e nei Thermipolia luogo deputato al consumo di pasti al
"banco"( paragonabile forse agli attuali bar ).
Tutto ciò che era legato al bere incontrava l'interesse dei romani che per
bere erano disposti a spendere non solo per le bevande ma anche per coppe,
bicchiere, vasi potori….insomma per tutto ciò che era utile al" bere bene".
Molti sono gli indicatori dell'importanza assunta da questa funzione solo in
parte fisiologica.
1° Le bevute speciali erano dirette da uno Statega o Modimperator che in
genere dirigeva la Commisatio .
Non meno di tre le libazioni
la 1° per onorare la salute, la 2° per il piacere e la 3° per il sonno. Se
più di tre mai comunque in numero dispari:
2° La più alta carica a cui aspirava un servo era quella di Coppiere, carica
che richiedeva oltre alla conoscenza e competenza sul vino anche bell'aspetto
e giovinezza.
3° Era in uso bere alla salute pronunciando il nome di colui per il quale si
effettuava il brindisi ed a numeros cioè tanti bicchieri quanto erano le
lettere del nome pronunciato.
4° Atto di estrema cortesia , che sottintendeva profonda amicizia o amore,
il" Prelibare" (bere prima), pertanto veniva offerta la propria tazza alla
persona a cui era riservato l'atto cortese facendola bere per prima.
Chi non poteva permettersi il vino ricorreva ad altre bevande come a.e. la
Posca, assai diffusa fra i legionari, ottenuta da miscela di acqua ed aceto;
l'Idromele ottenuta con una parte di miele e due parti di acqua piovana così
conservata per 5 anni e poi bollita e detta anche Acqua Mulsa.
Fra i vini italiani quelli che riscuotevano maggior successo: Il Falerno,
certamente il più pregiato, veniva pagato anche quattro volte più degli
altri vini, l'Albano, il vino di Cere, il Caucino, il Sorrentino, i l
Nomentano….
"Con il vino si alimentano le forze, il sangue ed il coraggio" scriveva
Plinio, come dargli torto considerando la potenza raggiunta da Roma?
Ma riflettiamo anche sulla sua decadenza ed allora l'invito a riflettere
prendendo spunto dal latino Apuleio che ammoniva:" Il primo bicchiere
appartiene alla sete, il secondo all'allegria, il terzo alla voluttà, il
quarto alla pazzia".
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