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17/06/2010
I banchetti medioevali
17 gennaio 1567 - Pranzo per l'anniversario
dell'elezione al soglio di Pietro di Papa Pio V per opera di Bartolomeo
Scappi. L'occasione, nonostante sia venerdì, giorno di magro, è troppo
solenne per non celebrarla anche a tavola. Il Nostro, certo d'accordo col
prefetto dei palazzi apostolici e gli altri eminentissimi cointeressati e
corresponsabili, dispone affinché l'ordine proceda per due servizi di
credenza, seguiti da un servizio di cucina, più un terzo servizio di
credenza, con appendice di qualche piatto minore, offerto assieme agli
stuzzicadenti profumati e ai mazzolini di fiori.
Ed ecco la lista del primo servizio di credenza, corrispondente, per
posizione gastronomica, al nostro antipasto:
Noci d'India e nostrali, confette e asciutte;
Scorze di cedro e di melangole (arance amare) confette e asciutte;
Polpa di cedro confetta e asciutta;
Meloni confetti e asciutti;
Persiche confette e asciutte;
Pignoccati freschi;
Pezzi di pistacchere;
Calicioni di marzapane;
Mostaccioli napoletani (secondo la ricetta moderna dei mostazzoli sardi,
dovrebbero essere state di forma oblunga, con miele e mandorle);
Morselletti di marzapane in più fogge.
Si tratta, quindi, di un vero e proprio dessert, composto di portate
esclusivamente dolci, e molto dolci: dieci piatti (quindici con le varietà
delle diverse frutta, presentate tali e quali o condite) capaci di togliere
complete portate "serie" appaiono notevoli e persino vicine a noi un
commensale dei nostri giorni.
Anche nel secondo servizio di credenza, benché le portate "serie" appaiono
notevoli e persino vicine a noi (c'è persino il caviale, rovinato nel succo
d'arancia), gli elementi dolci continuano a farsi avanti: biscotti pisani
inzuppati nel vino, cedro tagliato a fette "con zuzzaro sopra", uva fresca
conservata (ricordare che siamo in gennaio), fiandoncelli, e cioè paste
ripiene di pinoli, e così via.
Diciamo subito che questo menù papale rappresenta una "punta", sia per la
ricchezza sia per la intransigenza nel presentare, in quella prima entrata,
solo elementi dolci: nei banchetti minori, e lo si vede in particolare nelle
descrizioni "provinciali" del Messisbugo, dolce e salato si fiancheggiano.
Citiamo una cena di sole venti persone, offerta a Ferrara, il 28 maggio
1530, dal conte Federico Quaglia al duca di Chartres e all'ambasciatore
francese. Una cosuccia "in famiglia"; un servizio di credenza, due di
cucina, e un po' di frutta per finire. L'antipasto comprende il caviale,
acciughe, burro fresco, ma anche fragole, fior di latte, marzapane
biscottato e focacce con le uova.
Sulla regola "iniziare con i dolci", i cuochi rinascimentali non transigono.
Notiamo
1° - Il banchetto rinascimentale è "architettato" strutturato in modo ben
diverso dalla nostra attuale concezione di pranzo. Inoltre regola iniziale:
i dolci, su ciò i cuochi rinascimentali non transigono (per noi
inaccettabile).
2° - Le basi fondamentali delle pietanze (a noi oggi non pertinenti, non
psicologicamente - papillarmente proponibili) uso indiscriminato di
zucchero, spezie a sfare, acqua di rose che bagna quasi tutto; grande
attenzione alla decorazione (grande uso del melograno)
3° - Le nostre portate sono 4 massimo 6 le "loro" sembrerebbe erano
inferiori a 50. Il banchetto rinascimentale era spettacolo - ostentazione di
potere e ricchezza, poco importava se la maggior parte delle portate non
erano toccate e dunque c'era di che sfamare servi, cocchieri, ecc. che
vivevano presso il signore. Così, ancora alla fine del 700 l'uso di far
alloggiare la servitù nella casa del padrone. La cucina casalinga era però
in contrapposizione assai semplice e limitata; lo dimostrano le ricette del
600 dello Stefani.
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