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14/05/2011
La battitura del grano
Era una gran festa; fra le più importanti dell'anno
legata in modo indissolubile a quel mondo contadino, di campagna cui si
legano le nostre tipicità; insieme alla vendemmia, alla frangitura e alla
lavorazione della carne di maiale. Ognuna era contrassegnata da una cena
codificata oralmente con piatti che si susseguivano ogni anno con le stesse
modo e che impegnavano le massaie già da un paio di giorni prima
dell'evento.
La battitura che avveniva dalla fine di giugno ai primi di luglio, era una
gran festa sull'aia, che meglio poteva dirsi "gran festa in cucina". Si
perché quel giorno in particolare (ritenuto sicuramente il più importante
dell'anno, dal contadino, che vedeva concretizzarsi la fatica dell'intero
anno lavorativo con la sicurezza del pane) non si guardava a spese tanto che
al grido, a tarda sera, di: TUTTI A TAVOLA !…
Si cominciava: salame, prosciutto, rigatino ben stagionati tagliati a fette
massicce come braciole, accompagnati da crostini neri (quelli con i fegatini
di pollo e capperi, ecc.) spalmati sul pane a fette, solitamente di quello
fatto in casa, e bagnato con il brodo di gallina (ma c'era anche chi lo
bagnava con il latte).
In quel brodo che era fatto da qualcuno anche con l'aggiunta di un po' di
lesso, si cuocevano "i capelli d'angelo" (pasta fatta in casa) o la "grandinina",
ma si cuoceva soda.
C'era chi per far freddare più velocemente il brodo bollente ci versava un
bicchiere di vino rosso. Dopo c'erano, neanche a farlo apposta, i bolliti
(quelli del brodo). In tali bolliti facevano la sua gran figura i colli
ripieni (di papero, anatra e/o pollo - di chi era il collo aveva poca
importanza, importante era il ripieno); si mangiavano con il pinzimonio, i
sott'aceto, i ravanelli e le insalate fresche dell'orto.
Il tutto condito con l'olio extravergine d'oliva e l'ottimo aceto (si perché
c'è sempre stato l'uso di farlo). Dopo una rinfrescata con l'insalata,
arrivavano i maccheroni, rigorosamente fatti in casa, con un sugo ciccoso ma
così pieno di cicche che si appiccicavano alle labbra, non si riconosceva
più dove finiva il maccherone e cominciava il sugo.
Il cacio, ognuno le metteva a suo piacimento, perché formaggio e grattugia
erano lì sulla tavola a servire tutti. Ecco il momento delle carni in umido;
coniglio, papero, anatra, l'umido era ed aveva proprio il colore, bello
tirato, scuro corposo e sostanzioso al solo vederlo. Il contorno era
costituito da patate rifatte, fagioli all'uccelletto con la salvia.
Il tutto seguito da arrosti, tanto per dargli qualcosa di leggerino, e tutti
gli animali neanche a dirlo "ruspanti": pollo, tacchino, faraona, coniglio,
punteggiato con salvia, rosmarino, un po' d'aglio e a piacimento qualcuno
metteva piccole scorzette di buccia di limone che dopo la doratura era
gettata, sale, pepe e … lunga cottura… si arriva così pian piano ai fritti
di braciole (impanate con quel pangrattato - grattato in casa con la
grattugia del cacio) e conigli e pollo accompagnati da fiori di zucca,
pomodori verdi, zucchini e melanzane fritte e dell'insalata.
Dopo tanto sacrificio c'era la frutta per lo più trionfava la susina claudia
e la goccia d'oro (al tempo giusto di maturazione). Il vino rosso e bianco e
l'immancabile vinsanto ma anche il vermouth che accompagnava i biscottini e
le ciambelle fatte in casa. Ultimo il caffè, alcuni lo "macchiavano con
l'anice" i più moderni con la sambuca. La cena, quella dell'abbondanza, era
finita.
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