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09/07/2011
I Brigidini di
Lamporecchio
I brigidini di Lamporecchio (prodotto tipico pistoiese)
pochi non li conoscono, generalmente, in tutta Italia si trovano sulle
bancarelle di fiere e sagre e non ci si può sbagliare, vengono solo da
Lamporecchio perchè... l'Artusi li chiama trastulli. Così famosi da essere
rammentati nel vocabolario della Crusca.
Sono piccole sottilissime cialde "arricciolate" cioè non perfettamente
rotondeggianti. Per farli occorrono le "tenaglie da brigidini" un tempo
presenti (le tenaglie) in tutte le sacrestie perché strumenti indispensabili
per fare le ostie.
Sembra che la loro invenzione sia dovuta alle monache di S. Brigida (da qui
brigidino); che nel convento di Lamporecchio partendo proprio dalla
preparazione dell'ostia, aggiungessero zucchero, uova, farina, ecc.
arrivando così a dar vita ad un dolce, diventato assai famoso e sempre
presente su bancarelle di fiere e mercati. I pellegrini romei e jacopei che
arrivavano e passavano da Pistoia per rendere omaggio alla reliquia di S.
Jacopo, furono fra i primi a gustarli, acquistandoli proprio in fiere e
mercati. Un'altra versione vuole che nell'autunno del 1349 S. Brigida
lasciasse la Svezia per recarsi a Roma dove nell'anno giubilare 1350 sperava
di ottenere dal Papa, l'approvazione del suo progetto monastico. Giunta a
Pistoia, e precisamente a Lamporecchio vi fondò un convento, e lì, fece
assaggiare alle consorelle delle cialdine dolci svedesi che aveva portato
con sè. A tali cialdine la seconda versione attribuisce l'invenzione del
brigidino.
Comunque sia l'importante è che c'è… è buono, friabile e croccante e così
composto: zucchero, farina di grano tenero, uova intere, aroma di anice e/o
semi di finocchio, piccolissima percentuale di acqua. La ricetta originaria
prevedeva semi di finocchio come la ricorda Osvaldo Rinati.
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