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11/11/2015
Castagne contro i
Lanzichenecchi
Certamente è il frutto più conosciuto del bosco. E ha
rappresentato, fin quasi ai nostri giorni, la principale ricchezza e il
maggior sostegno sul quale potevano confidare contadini, pastori, e quanti
altri abitavano nelle zone di montagna. Per questa gente la polenta di
castagne e acqua naturale erano gli alimenti di tutti i giorni, della sera
come della mattina, sia per i piccoli che per i grandi. La castagna insomma
nella sua millenaria storia di rapporto intenso con l'uomo e con l'intera
comunità della Toscana dell'entroterra ha comportato implicazioni sociali,
economiche e culturali di notevole importanza. Ha costituito la maggior
fonte di ricchezza non solo per sfamarsi ma anche per la sopravvivenza di
intere famiglie. E' nata così, secolo dopo secolo, una vera e propria
"cultura della castagna" gia dalla lavorazione e preparazione dei terreni e
attorno a questi lavori è a lungo ruotata la vita delle varie comunità.
La raccolta della castagna ha rappresentato per decenni una insostituibile e
provvidenziale risorsa e una buona "canniccia" era senz'altro una garanzia
di sicurezza per l'avvenire. Significava pane assicurato per la famiglia.
Niente andava perduto e le castagne più piccole servivano da pasto per i
maiali. L'uso della castagna nella cucina familiare quotidiana è stata
continua e molteplice, il suo alto valore nutritivo e l'adattabilità ad
essere consumata in vari modi, anche sotto forma di farina, ha fatto si che
si sviluppassero una varietà notevole di modi di poterla gustare oltre ai
più conosciuti: bollita e arrosto. Intorno alla castagna si sono sviluppati
negli anni numerosi proverbi, esempio: gennaio secco, castagno ogni ceppo
(questo perché già da gennaio si presenta l'esito della raccolta, se gennaio
è secco e freddo si auspica un auspica un buon raccolto), per Santa Maria la
castagna cria ecc. Ma si sono sviluppate anche storie e sonetti. "era buona
e saporita se ci crede ancor mi tocca di leccarmene le dita per sentir dolce
in bocca.". Oppure "Quanti necci e farina e polente , e castagnaccio, se ne
fan certe pappate da pigliare il calcinaccio…".
E così continuando . " Allora i necci si facevan coi testi - raccontano
alcuni anziani - una metà venivano mangiati - schietti -, vale a dire, così
com'erano, l'altra con un pezzo di frittata. Quelli erano i nostri alimenti:
polenta, castagnacci e farinata la sera poi quando s'era cenato s'andava
tutti a veglia nel metato". Molte sono anche le rievocazioni storiche legate
alla coltivazione e al consumo della castagna e a questo propositiva detto
che alla castagna è legata la tradizione delle sagre. La prima "Sagra della
Polenta Dolce" risale al XVI secolo quando Vernio, in Val di Bisenzio, fu
saccheggiata dai lanzichenecchi, truppe straniere che scendevano dal nord
per andare a combattere la repubblica fiorentina. Il popolo fu messo alla
fame ed il Conte Bardi, il cui castello era ben munito di scorte, nel vedere
tanti stenti, decise di fare una distribuzione pubblica di polenta dolce,
con aringhe e baccalà, nel primo giorno delle Ceneri.
E ancora oggi, a distanza di secoli, fra le più importanti feste
tradizionali dell'alto Val Bisenzio c'è proprio questa festa della prima
domenica di Quaresima. Manifestazioni e sagre si sono estese da allora
sull'intero territorio montano, e numerose testimonianze vivono ancora sulla
montagna pistoiese collegandosi alle altre tipicità gastronomiche.
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