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Il Banchetto di
Cristina di Svezia
La sua prima visita in Italia avvenne nel novembre del 1655. Giunse a Roma
alla vigilia di Natale per ricevere la comunione, già dal suo ingresso in
terra italiana il viaggio si configurò come un festoso trionfo della
sovrana, era infatti assai nota per la sua fama di donna di eccezionale
cultura, detentrice di forti legami con l'Europa dotta, per la sua
fornitissima biblioteca e pinacoteca, per il trionfo che investì anche la
riforma tridentina. Certamente non corriamo il rischio di errare
nell'affermare che in quel viaggio un posto di primo piano lo assunsero i
banchetti offerti dai signori, dal papa … che la ricevettero e la ospitarono
dove ella si trovò a passare.
Significativi i 3 banchetti offerti dal Serenissimo duca di Mantova, in
particolare l'ultimo del 27 novembre 1655, ben descritto con dovizia di
particolari da Bartolomeo Stefani (estratto dal testo originale "L'arte del
Ben cucinare").
Lo Stefani scrive: "io stesso la servii nei trionfi, nei rifreddi e da altre
vivande", egli descrive fin nei minimi dettagli perfino l'apparecchiatura e
dei servizi, elementi costitutivi dei grandi banchetti, indicatori
indiscutibili di: potere, ricchezza, generosità del signore. Dalla sola
lettura dei banchetti offerti a Cristina di Svezia si evince come "l'arte
del convitare" fosse strumento di comunicazione (non certo secondaria al
linguaggio parlato) da cui si misurava anche l'abilità del maestro di casa a
cui il signore delegava ogni mezzo e potere per approntare il banchetto,
vero e proprio spettacolo - teatro in cui gli ospiti erano al contempo
spettatori e protagonisti.
Grazie ad un manoscritto conservato presso la biblioteca Casanatense di Roma
abbiamo la possibilità di avere conoscenza di altri banchetti offerti in un
successivo viaggio in Italia dalla regina Cristina di Svezia, anno 1668 -
relazione Antonio degli Effetti - Castel Novo di Porto 21 e 22 novembre.
Banchetto fatto allestire appositamente da papa Clemente IX. Dice a
proposito Antonio degli Effetti: “Si potrebbe affermare per historia ch'in
questi giorni Castel Novo divenne un Emporio d'Italia, un mercato d'Europa,
una fiera latina, dove concorsero e polli, e frutti, e cacciagioni, e vini,
e biade, e quanto bisognava per sì solenne alloggio; ansi meglio dirreste un
microcosmo, dove in questo piccolo mondo erano passati dall'oriente
gl'aromi, gl'ori, gl'argenti, le gemme, le porpore del Tiro, i tapeti della
della Frigia, gl'arazzi della Fiandra, i cannelloni di Portogallo, le paste
di Genova, i claretti di Francia, i scarlatti d'Olanda, olive, cioccolate, e
lane più morbide di Spagna e quante delitie ha Partenope, e qualsivoglia
parte del mondo”.
A ricevere la regina a Castel Novo il papa aveva peraltro inviato 24
cardinali fra i quali Decio Azzolino, assai legato alla regina da interessi
politici oltre che da personale simpatia: a lui, segretario di Stato, fu
destinato il tavolo vicino a quello di Cristina, meno sontuoso, ma pur
sempre segno di particolare privilegio.
Della cena del 21 novembre - "banchetto degli dei" e del pranzo del giorno
seguente, la relazione degli Effetti presenta dettagliatamente il fasto
delle apparecchiature e dei servizi di credenza e di cucina: di tale
raffinatezza ed abbondanza, che tutti i sensi venivano esaltati, anzi
intrecciati secondo una sinfonia di piacere descritti nella relazione con un
vero gusto barocco: "Godeva l'occhio nella vaghezza degl'intagli, figure,
stampe, bassi rilievi, coperti con elegante abbellimento di capricciose
paste; l'odorato nella fragranza che spiravano; il tatto nella tenerezza; il
gusto nella suavità del sapore; l'udito si recreava a ogni portata con
ariette a proposito per simile mensa dilettato, e trattenuto". Ed ecco il
concerto dei sensi, con scambio di percezioni ed esperienze nel totale
appagamento del piacere del convito: "Si beveva il cibo, si mangiava la
bevanda, era commestibile l'acqua gelata, era potabile il piatto aggiacciato:
le fruttiere campeggiavano di fiori di zuccaro, alterate de suoi propri
odori, e colori nativi.
A onta di chi nega, che non nutrisca l'odore, quasi ape ingegnosa il
convitato si pasceva de fiori, si cibava d'odori, quivi aprilegiava
l'autunno, autunneggiva la primavera, gelava ne frutti estivi l'agosto, si
odorava con il palto, si gustava con le narici, in somma fioriva il frutto,
ma più di quello era fruttifero il fiore”.
A Roma, altro banchetto solennisimo il 9 dicembre 1668, quando la regina
"mangiò con Nostro Signore nel Palazzo Quirinale": il papa e la regina,
sotto il medesimo baldacchino, ma in due tavole separate (più alta
ovviamente quella di Clemente IX), erano serviti da una schiera di nobili
personaggi e con uno sfarzo che gareggiava con il banchetto offerto molti
anni prima da Alessandro VII.
Apriva il pranzo una "pernice senza ossa ripiena di bocconcini di animelle,
taratufoli, petto di piccione battuto", seguivano ortolani, capponi,
pernici, pasticcio di marzapane; per il secondo servizio una minestra di
bocconcini di animelle, una zuppa di starne, poi piccioncini, animelle di
mongana arrostito, petto di cappone, creste e testicoli di polli, crostini
di rognoni, occhi di capretto, pane papalino con sugo di castrato e brodo di
cappone, starne arrosto, coscio di vitella, pasticcio di petto di
gallinacci, ancora bocconi di animelle e midollo di vaccina, per poi
continuare con vari servizi, ricchi di selvaggina e di pasticci, con gran
profumo di spezie e di agrumi, sino alle portate di frutta e di dolci.
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